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Consigli al Governo in tempo di Guerra

Photo Credit: Geobia

Ecco che torniamo a parlare di Politica Interna Italiana, ben coscienti di suscitare il solito pandemonio, ma pazienza, anche perché il titolo di questo editoriale è molto forte, e comprende una parola (Guerra) che usiamo raramente.
Ma oggi il nostro paese è in Guerra, una Guerra che si combatte a più livelli: esiste un fronte interno, un fronte europeo e un fronte mediterraneo.
L’Italia vive una Guerra interna, ma questa non è una novità, è dall’8 settembre del 1943 e dal tradimento della Nazione dei monarchi sabaudi (non tanto per l’armistizio ma per aver abbandonato civili e militari al loro destino) che questo paese vive uno stato di guerra interna permanente. Il concetto di bene comune e di interesse superiore della Nazione non esiste; vige la regola che chi è all’opposizione spera, prega, attende con fervore che si rovesci sulla Nazione e sul suo Governo qualche evento negativo di portata gigantesca, per poter accusare il detentore del potere della sfiga che ha appena colpito l’Italia e prendere il suo posto. Senza andare molto indietro nel tempo ricordiamo cosa accadde nel 2011, quando tutta l’opposizione gioiva ad ogni aumento dello Spread nella speranza di cacciare il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, cosa che in effetti avvenne, consegnando l’Italia a un governo di tecnocrati con passaporto italiano ma cuore di Bruxelles che hanno iniziato a svendere il nostro paese.
Ora sul fronte interno italico sta avvenendo la stessa cosa. Le opposizioni sperano che qualche disastro, finanziario o economico, colpisca l’Italia in modo tale da detronizzare il governo Renzi.
Ma questo desiderio di vedere l’Italia nei guai, oggi come nel 2011 ai tempi di Berlusconi, non è un sentimento limitato all’Italia. Anche in Europa l’Italia degli ultimi mesi è vista come una nazione potenzialmente (badate bene abbiamo detto potenzialmente) ribelle. Una nazione che non accetta più di essere eterodiretta dal Lussemburgo o dalla CDU tedesca, una nazione stanca di vedere il proprio interesse nazionale calpestato da burocrati all’apparenza benevoli e paciosi. L’interesse nazionale italiano ieri si chiamava South Stream, ed è stato spazzato via, l’interesse nazionale italiano ieri si chiamava Libia, ed è stato distrutto, l’interesse nazionale italiano ieri era l’interscambio commerciale e turistico con la Russia ed è stato azzerato.
Oggi l’interesse nazionale italiano ha altri nomi: ILVA, Sistema Bancario Italiano, ed ancora una volta la Libia, senza dimenticare le sanzioni alla Russia. L’Italia, l’Italia tutta, non l’Italia di Renzi o di Berlusconi, deve lottare per il proprio interesse nazionale, ed oggi, come fece Berlusconi nel 2011, ci sta provando il Governo di Matteo Renzi. Da queste pagine sono spesso uscite critiche al Governo, il nostro gruppo e il nostro sito sono indipendenti e hanno la fortuna di poter vivere, pensare e scrivere in un paese libero, un paese dove un gruppo di uomini e donne è libero di criticare ma, come accade oggi è libero di schierarsi al fianco del Governo dell’Italia.
L’Europa oggi, dopo aver ottenuto i propri fini geopolitici nella competizione verso est con la Russia a spese dell’Italia, cerca di ribilanciare i propri squilibri facendone pagare ancora le conseguenze al nostro paese. In Europa esiste una sovrapproduzione di acciaio, cosa esiste di più semplice se non risolvere il problema facendo chiudere lo stabilimento dell’ILVA di Taranto, impedendo così all’Italia di sfruttare i guadagni di quell’enorme stabilimento, ammodernato e reso meno inquinante, per bonificare l’area del polo industriale di Taranto? Cosa c’è di meglio se non escludere l’Italia dal gruppo dei produttori dell’acciaio e renderla anche in questo campo, dopo l’energia, il latte, la produzione di aerei commerciali, dipendente dalla Grande Matrigna Europea Franco-Germanica-Olandese?
Poi esiste la Guerra, la Guerra classica dove si devono usare le armi, una guerra che si combatte a pochi chilometri dal nostro territorio: parliamo della Libia naturalmente. Una Libia dove il ruolo di mediazione è stato offerto a uno spagnolo prima, e ora a un tedesco, quando invece la scelta più logica e sensata era offrire questo ruolo ad un diplomatico, oppure ad un ex primo ministro italiano. Ma i nostri “alleati” non hanno voluto un italiano a capo del processo di pace in Libia, nel timore che l’Italia potesse poi aumentare ancora le proprie simpatie e i propri contatti ad alto livello a Tripoli, a Misurata e a Tobruk.
I nostri “alleati” vorrebbero intervenire in Libia a modo loro, per tutelare gli interessi geostrategici in Africa settentrionale. Ma per farlo essi necessitano obbligatoriamente delle nostre basi, così come ne avevano bisogno nel 2011. Senza le basi italiane né la Francia, né l’Inghilterra hanno la possibilità di operare in Libia a costi ragionevoli. Ma l’Italia questa volta ha detto no ad un intervento militare francese e inglese che non prenda in considerazione i nostri interessi nazionali, e ha informalmente ma seccamente negato l’uso delle basi e dello spazio aereo italiano nel caso di una nuova avventura di Parigi e Londra in Libia.
Così facendo però, il nostro governo si è esposto al fuoco di tutte quelle strutture sovranazionali e nazionali che si erano ormai abituate a comandare in Italia più che a casa loro, e oggi ne vediamo le prime conseguenze ad esempio con la casi in borsa delle nostra banche.
In questa situazione tutti i cittadini della nazione dovrebbero dimenticare per quale partito hanno votato, o peggio per quale partito facciano il tifo, e schierarsi al fianco dell’Italia. Il governo tuttavia deve smetterla di agire senza ascoltare la voce degli italiani, che non vogliono diventare degli schiavi senza diritti sul posto di lavoro, non vogliono essere presi in giro sentendo parlare di “contratti a tempo indeterminato” quando invece oggi il “tempo indeterminato” non esiste più, ma sono presenti contratti che indeboliscono massicciamente i diritti dei lavoratori. Gli italiani sono anche stanchi di essere messi in secondo piano rispetto a chi arriva come ospite, profugo o peggio clandestino in questo paese. Gli italiani sono stanchi di fare sacrifici per chi arriva in Italia, e vuole più diritti di chi ha fatto crescere questo paese con il quotidiano lavoro e la costante fatica.
Il Governo deve capire che il popolo italiano non è una massa di marionette che si può addomesticare con lo “Story Telling”, e che l’ostilità montante verso il Governo deriva dalla costante riduzione dei diritti dei lavoratori, dalla costante caduta dal potere di acquisto dei salari e degli stipendi che sono fermi da anni, dalla politica sull’immigrazione percepita da ogni gruppo sociale della nostra nazione (fatto salvo una fetta minoritaria della sinistra e del mondo cattolico) come una invasione, dalle liberalizzazioni selvagge che hanno premiato i grandi gruppi e messo in difficoltà i professionisti, tutti i professionisti dai farmacisti agli avvocati, dai medici agli ingegneri, (senza parlare degli artigiani) che hanno visto crollare redditi e possibilità di sviluppo per le loro attività.
L’ostilità al governo cresce in ogni strato della nostra società e il Presidente del Consiglio non può basarsi solo sui grandi numeri che ha in parlamento in quanto si sa, i politici salgono di corsa sul carro del vincitore, per poi fuggire al primo segno di pericolo.
Noi siamo certi che il popolo italiano sia pronto a sostenere il Governo e la Nazione, ma il governo deve iniziare da oggi a sostenere il Popolo e la Nazione e non pensare prima di tutto ai politici che siedono in parlamento o agli amici delle lobby o delle Coop…

Photo Credit : Geobia