Il 25 dicembre, giorno di Natale, sarebbe dovuto uscire nelle sale americane un film della Sony Pictures, protagonista (involontario) il dittatore nord coreano Kim Jong Un che, nel film-commedia, sarebbe stato l’obiettivo di un omicidio.
La Corea del Nord e lo stesso Kim non hanno gradito la cosa così il settore di cyber war di Pyongyang ha avuto ordine di violare i server della Sony Pictures, acquisire i privilegi degli amministratori del sistema, e minacciare direttamente i vertici della compagnia dopo averne conosciuto i più intimi dettagli della vita sia privata che lavorativa, annunciando terribili disgrazie su scala planetaria se il film fosse uscito nelle sale.
L’azione nord coreana ha avuto l’effetto sperato e la Sony ha “rimandato” l’uscita del film. La Corea del Nord è così riuscita ad imporre la propria censura ad una compagnia cinematografica americana. L’FBI si è subito interessata del caso e dopo brevi indagini (probabilmente in sinergia con la NSA) è stata individuata la sorgente dell’attacco informatico: la Corea del Nord.
Nel suo report l’FBI parla di minaccia alla sicurezza nazionale americana, in quanto ciò che la Corea del Nord ha compiuto ieri con la Sony potrebbe essere ripetuto contro molti altri obiettivi in America, e cioè giornali, multinazionali, network televisivi o gruppi di cittadini, facendo si che la Corea del nord possa imporre la propria censura addirittura su suolo americano.
Ma il pericolo che noi vediamo è ancora maggiore. Questo precedente, nonostante ora il CEO di Sony affermi che il film è stato ritirato perché nessuna grande catena ha mostrato il desiderio di proiettarlo, potrebbe essere sfruttato da altre “attori” del panorama geopolitico mondiale per bloccare la pubblicazione di film o inchieste giornalistiche a loro sgradite. In primis ci riferiamo ai componenti dello Stato Islamico che seguendo le orme dei Nord Coreani potrebbero cercare di imporre la loro censura su opere occidentali a loro sgradite, ad esempio un film contro lo stile di vita dei vertici dello stato islamico o che illustri le stragi compiute nella guerra civile in atto in Siria e Irak. Nel nome di questo diritto di censura anche altri stati avversari degli Stati Uniti, come ad esempio la Cina, potrebbero organizzare attacchi informatici contro istituzioni, aziende o liberi cittadini che ostacolano, via internet o con u new media la propaganda di Pechino.
E’ per questo motivo che la Casa Bianca ha preso posizione direttamente nella vicenda, tuttavia se come spesso è accaduto la pressa di posizione americana sarà solo di facciata e non sarà seguita da atti concreti di rappresaglia la censura di paesi non democratici si abbatterà anche sui paesi occidentali dove la libertà di parola rimane un cardine della società.
Non ci si deve meravigliare che la Casa Bianca abbia reagito più intensamente a questa volontà censoria degli Hacker che hanno attaccato la Sony Pictures, rispetto ad attacchi cibernetica che hanno rubato agli Stati Uniti segreti militari o industriali.
In questo caso è in ballo la libertà di espressione non solo i progetti di un missile o di una arma antinave. La libertà di espressione va rispettata e difesa in ogni modo , anche in europa dove ad un giornalista italiano, Giulietto Chiesa, è stato proibito di parlare ad una conferenza in Estonia. Seppur spesso non concordiamo in toto con le conclusioni di Chiesa la sua libertà di espressione deve essere tutelata, alla pari della libertà della Sony Pictures, di poter distribuire un film che ha fatto adirare il dittatore della Corea del Nord.