Si tiene in questi giorni nella base aerea di Ovda, nel sud di Israele, una delle più complesse esercitazioni internazionali mai viste nei cieli dello stato ebraico.
Sessantadue aeromobili, trentacinque provenienti dall’estero e ventisette ridispiegati nel sud da basi operative israeliane, sono impegnati in una serie di esercitazioni congiunte, che simuleranno non tanto uno scenario di guerra, bensì numerose situazioni tattiche aria-aria, azioni di bombardamento, e di interdizione delle difese aeree nemiche. In questo quadro non mancheranno alcuni F-16 israeliani che assumeranno il ruolo dei “nemici” nei confronti aria-aria.
Questa esercitazione ha assunto, anno dopo anno, dimensioni sempre maggiori. All’inizio si trattava di periodi addestrativi bilaterali, prevalentemente con l’aeronautica militare italiana, con l’aeronautica greca e con l’armée de l’air francese.
Quest’anno invece sono sei le nazioni presenti. Oltre ad italiani, greci americani e francesi, ci sono i polacchi e i tedeschi.
Ovda è una base del tutto peculiare, l’unica destinata quasi interamente all’addestramento e non alle attività operative, ma che si caratterizza, come gran parte delle installazioni dell’aeronautica israeliana, per la presenza di hangar posti sotto il livello delle piste, uno scenario del tutto particolare per i piloti abituati alle nostre classiche basi aeree.
Ma Blue Flag è molto di più rispetto alla pura dimensione militare. Blue Flag è un segnale politico delle alleanze militari israeliane, non più limitate alle forniture americane o a qualche accordo semitrasparente tra il governo di Gerusalemme e qualche capitale europea. Blue Flag rappresenta la voglia di trasparenza, a volte di ostentazione, dei rapporti militari tra le nazioni impiegate.
L’esercitazione in atto non va in alcun modo letta come la preparazione ad una azione militare, condotta per via area, in Libano o contro nemici più lontani, ma deve essere osservata come il desiderio dei paesi coinvolti di migliorare le proprie capacità confrontandosi con un ambiente con meno restrizioni operative rispetto alle nostre zone addestrative e avere la possibilità di operare con una forza aerea che vive in continuo stato di allerta, come la IAF israeliana.
L’esercitazione è anche il luogo dove osservare la possibile integrazione tra sistemi radar e di coordinamento israeliani e gli assetti delle nazioni ospitate, in vista di possibili cambi di tecnologia tra i vari paesi.
Le tensioni crescenti in Libano e tra Arabia Saudita ed Iran non modificheranno in alcun modo tale esercitazione, anche se va ricordato che l’aeronautica israeliana, in caso di necessità, si è sempre dimostrata in passato estremamente reattiva in caso di improvvise mutate condizioni operative.