Abbiamo assistito all’ennesimo attentato di matrice islamista che ha colpito l’Europa, ma non è stato il solito attentato cui ci eravamo abituati negli ultimi mesi.
In Spagna ha agito una cellula terroristica ben strutturata, organizzata su più livelli, capace di scegliere con cura quale identità usare per affittare i mezzi impiegati nella strage; una cellula attenta alle comunicazioni, in modo tale che i servizi di informazione non avessero un chiaro sentore di ciò che stava per accadere, e una pianificazione avvenuta con grande probabilità sul suolo nordafricano.
La cellula era composta da otto uomini, ciò presuppone una ramificazione capillare del radicalismo islamista in una porzione non trascurabile della comunità araba risidente a Barcellona. Ogni persona infatti condivide le proprie idee in famiglia, nella cerchia delle amicizie e nei luoghi di culto, spesso anche sui social media.
Otto persone possono avere intorno a loro una rete sociale di decine e decine di persone, possibile che nessuno in famiglia, in moschea, tra i colleghi o gli amici, abbia colto l’odio viscerale di queste persone? Solitamente i terroristi cercano altre reclute nella loro rete sociale, sondando i pensieri e le idee di chi gli sta intorno. Perché nessuno si è allarmato vivendo fianco a fianco con queste persone?
Forse i discorsi di odio verso la cultura ed il modello di vita occidentale sono molto diffusi in certi ambienti, forse perché l’acqua dove sguazzano i terroristi è molto più profonda e torbida di quanto noi tutti immaginiamo, forse perché il sentimento di rivalsa e di vendetta contro gli occidentali è più forte della volontà di appartenere alla nostra società.
Il “lupo solitario” non ci preoccupa, una cellula organizzata sì.
Pensate che in Italia decine di migliaia di persone sono a vario titolo oggetto dell’attenzione dei servizi di informazione e sicurezza, mentre per circa 200 sono seguite in maniera costante e quotidiana per la loro elevata pericolosità. In questo contesto le espulsioni, coatte e fattive, non quelle formali ma mai applicate, sono un elemento centrale della prevenzione. Tuttavia appare evidente che se i numeri in nostro pos\sesso sono corretti, il problema del terrorismo islamico potrà diventare ancora peggiore nei prossimi mesi e nei prossimi anni, se non verrano addottate adeguate modifiche legislative associate ad un ferreo controllo dei flussi migratori e della concessione, non solo della cittadinanza, ma anche dei permessi di residenza.
Lo sforzo dei nostri apparati di sicurezza è immane e probabilmente è arrivato al limite delle loro possibilità. Ora tocca al legislatore stringere le maglie dei permessi di soggiorno, dare più potere al ministero degli interni in tema di espulsioni, aumentare i controlli nelle carceri, ribadire l’obbligatorità dei sermoni in italiano nelle moschee, prevedere la revoca della cittadinanza e/o dei permessi di soggiorno a chi si macchia di reati di violenza (non per forza legati al terrorismo), revocare la cittadinanza e/o i permessi di soggiorno a chi è stato un foreign fighter.
Poi una nota che vuole sottolineare il profondo nostro disagio nel non assistere alla condanna del terrorismo islamista da parte di una larga fetta della comunità mussulmana europea.
Noi monitoriamo attentamente i social e i messaggi di cordoglio da parte dei mussulamni europei sono una frazione minima rispetto al numero dei residenti nel nostro paese. Certo potete dire che la nostra affermazione non è corroborata da un attento studio statistico, ma a noi sembra un fatto più che evidente.