Le armi nucleari sono state il peggior incubo per gli abitanti di questo pianeta dalla metà degli anni 50 del secolo scorso fino al 1991. Dopo questa data, visto il crollo dell’Unione Sovietica e l’egemonia americana nel mondo, il rischio di una guerra nucleare è andato via via scemando. Per questa ragione, e senza alcuna colpa, gli uomini e le donne che sono nati a partire dagli anni 80 non hanno dovuto fare i conti con la possibilità di una guerra nucleare. Cresciuti in un mondo di Pace, di pace relativa ovviamente, nessuno ha più pensato ad organizzare una possibile sopravvivenza in caso di conflitto atomico. Le stesse entità nazionali hanno progressivamente ridotto le esercitazioni pubbliche, i preparativi segreti, le scorte alimentari, le scorte strategiche, e spesso hanno dimenticato la manutenzione dei rifugi costruiti negli anni più bui della guerra fredda.
Oggi, nonostante per una strana forma di superstizione, si tenda a negare la possibilità di un conflitto nucleare, quello che noi osserviamo è un sempre maggiore approntamento delle armi nucleari sia in oriente che in Occidente. Nuovi sistemi di “Consegna”, nuove tipologie di testate nucleari, nonché il proliferare di Stati dotati, o che si stanno per dotare, dell’arma nucleare. Per questo motivo oggi cerchiamo di aumentare la consapevolezza di tutti voi, di tutti noi, cari amici e lettori, fornendo una panoramica delle armi atomiche dispiegate nel mondo, della loro modalità di impiego, dei piani operativi che pur segreti abbiamo ragionevolezza di poter comprendere almeno in parte.
Le tipologie di armi nucleari
Non staremo qui a illustrare le caratteristiche tecniche delle armi atomiche (all’uranio, al plutonio, “boosted”, o all’idrogeno) ma ci focalizzeremo su una classificazione, che anche se in parte discutibile, è certamente funzionale allo scenario contemporaneo.
Le armi atomiche tattiche
Questa tipologia di ordigni trova il proprio impiego in relazione alle particolari necessità dei comandanti sul campo. Si tratta di bombe solitamente inferiori ai 300 kt di potenza (300 kt è comunque una potenza di grande rilevanza se pensate che le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki avevano una potenza di 16 e 23 Kt rispettivamente). La bomba atomica tattica può avere tuttavia anche una potenza molto più bassa, anche di 0,1-0,3 Kt. Non è la potenza in sé che caratterizza un ordigno tattico ma il tipo di utilizzo per il quale è pensato.
In caso di necessità gli ordigni tattici possono essere utilizzati con estrema flessibilità, modificando rapidamente gli obiettivi che dovranno essere colpiti e soprattutto non permettono agevolmente al nemico di percepire in anticipo l’utilizzo dell’arma nucleare.
Gli ordigni tattici vengono infatti portati sul bersaglio da sistemi che solitamente impiegano munizioni non nucleari.
Per esempio, restando nel campo NATO, i Tornado, gli F-35, gli F-15 sono tutti aeromobili che posso utilizzare armi nucleari tattiche ma che solitamente sono vettori di ordigni convenzionali. Nel campo russo invece possiamo portare come esempi i missili balistici e da crociera della famiglia Iskander, i missili balistici aviolanciati Kinzal (ambedue ampiamente noti alle cronache per il loro continuo utilizzo nella guerra) o gli aerei da attacco Su-25. Come ben capite in un qualsiasi momento un vettore che per 16 mesi di guerra è stato impiegato in modalità convenzionale potrebbe senza preavviso essere dotato di una testata nucleare, modificando in un momento la natura del conflitto. Le forze di intelligence lavorano alacremente per percepire l’attivazione dell’apparato nucleare del nemico, ma non esiste la certezza che la nostra intelligence possa comprendere con il giusto anticipo cosa stia per accadere. Per questi motivi le armi tattiche rivestono al momento la sfida più grande che intelligence, militari e decisori politici devono affrontare quando si parla di armi atomiche nel teatro di guerra.
Le armi atomiche strategiche
Le armi atomiche strategiche sono rappresentate da ordigni di grande potenza che possono arrivare fino ai 50 megatoni. Questo tipo di ordigno è rappresentato quasi esclusivamente da armi all’idrogeno, il cui scopo è quello di colpire obiettivi preordinati che rivestono un ruolo cruciale nell’organizzazione militare, politica, economica o sociale del nemico.
Questo tipo di armi utilizza come vettore solitamente un missile balistico di natura intercontinentale, oppure un missile balistico a raggio intermedio. Questo tipo di vettori si trova in una condizione di allerta permanente, e possono essere lanciati verso il territorio nemico, senza possibilità di essere richiamati dopo il lancio, in un tempo estremamente breve, inferiore agli 11 minuti dal momento dell’allarme. Questo sistema di allerta prende il nome di Hair Trigger Alert, e cioè l’innesco legato ad un capello, ad indicare il fatto che la loro prontezza operativa è estrema. (Qui un report del congresso Usa)
Le armi strategiche sono dispiegate inoltre sui sottomarini, e disponibili per essere imbarcati sui bombardieri a lungo raggio. Nell’evoluzione delle armi strategiche non dobbiamo dimenticare i sistemi ipersonici, come ad esempio i sistemi che impiegano dei cosiddetti “glider”, parola che possiamo tradurre con il termine “planatore”. Tali sistemi ipersonici nulla hanno a che fare con i cosiddetti missili ipersonici dei quali abbiamo sentito parlare in questi mesi di guerra. Per definizione tutti i missili balistici con una gittata superiore ai 1000 km sono già di per sé stessi ipersonici, ma la loro traiettoria è comunque di tipo balistico, anche se in qualche caso modificabile lievemente. I nuovi sistemi ipersonici invece compiono migliaia di chilometri a contatto con gli strati superiori dell’atmosfera, potendo variare in maniera significativa la loro direzione, essendo così bersagli molto più complessi da colpire da parte dei sistemi di difesa antimissile, l’unico sistema ad oggi noto in servizio appartiene alla Federazione Russa e prende il nome di Avantgard. Sempre in campo russo dobbiamo prendere in considerazione un ulteriore sistema di attacco nucleare strategico rappresentato dal drone sottomarino a propulsione nucleare denominato “Poseidon“. Poseidon possiede una testata che dovrebbe essere compresa tra i 30 e 50 megatoni, viene lanciato da sottomarini nucleari costruiti allo scopo, e possiede un’autonomia pressoché illimitata. Si tratta non tanto di un’arma di attacco, ma di un’arma da rappresaglia, da lanciare contro le installazioni militari o le città marittime nemiche in caso di guerra nucleare globale. Tale arma determinerebbe uno tsunami radioattivo capace sia di distruggere fisicamente le installazioni costiere sia di contaminare in maniera duratura un’ampia superficie di costa. Il drone sottomarino avrebbe una velocità stimata massima di decine di nodi e sarebbe difficilmente intercettabile dalle forze di difesa.
I casi di impiego delle armi atomiche
Il primo colpo atomico
Esiste la possibilità che una superpotenza nucleare decida di annientare il nemico utilizzando per prima e senza preavviso le armi nucleari. Questo scenario apocalittico può però considerarsi riuscito solo ed unicamente nel caso in cui la nazione nemica perda la capacità di rispondere in maniera significativa contro obiettivi militari e civili della nazione che lancia il primo attacco. Nel mondo attuale il sistema migliore per avere la ragionevole certezza che la nazione nemica non possa rispondere efficacemente ad un primo attacco nucleare risiede nella capacità di distruggere i vettori missilistici nemici prima che essi arrivino a colpire gli obiettivi preordinati. Per raggiungere questo obiettivo è necessario disporre di un sistema antimissile, in grado di operare su più livelli. Il primo livello è distruggere i missili nemici durante la fase di spinta, dove essi sono maggiormente vulnerabili in quanto lenti e con una trattoria estremamente facile da predire, per questo motivo i siti di lancio dei missili balistici intercontinentali sono solitamente posti nelle regioni più interne del continente americano (per gli Stati Uniti) e euroasiatico (per la Federazione Russa), ottenere le capacità e posizionare il primo sistema di difesa aerea in prossimità delle basi di lancio di tali missili ridurrebbe in maniera significativa la capacità di risposta del nemico. Allo stesso modo riuscire a mantenere a breve distanza dei sottomarini nemici unità navali in grado di abbattere nella prima fase di volo i missili lanciati dalle unità sottomarine stesse garantirebbe un vantaggio indiscutibile in caso di guerra nucleare. Per quanto riguarda le forze utilizzano due concetti completamente differenti. Gli Stati Uniti preferiscono disperdere i loro sottomarini nelle vastità degli oceani rendendo così impossibile per l’unità di superficie della federazione russa di seguire ognuno di questi obiettivi sommersi. La Federazione Russa invece predilige custodire un’area di mare a nord della penisola di Kola nota con il nome informale di “bastione’. Il bastione, un’area di mare e di cielo che teoricamente le forze aeree e navali russe sarebbero in grado di difendere contro ogni minaccia ostile permettendo così l’operatività indisturbata della flotta sottomarina strategica. La presenza di un gruppo attacco portaerei in prossimità del Bastione sarebbe quindi letto da Mosca come una indiretta minaccia di un primo colpo atomico contro la Russia, in quanto ridurrebbe là capacità di rappresaglia di Mosca.
Escalate to de-escalate
Una importante teoria della guerra nucleare prende il nome di Escalate to de-Escalate. Questa teoria si applica quando una potenza nucleare subisce gli effetti di una guerra convenzionale a tal punto che le proprie forze armate convenzionali sono a rischio di collasso in una determinata area oppure lo stato nucleare percepisce un rischio concreto legato alla propria esistenza o indipendenza e, prima di impiegare in maniera massiccia il proprio arsenale nucleare, al fine di non soccombere lasciando il nemico integro, viene ordinato l’impiego di una singola testata nucleare a media-bassa potenza, contro un obiettivo secondario del nemico, al fine di segnalare concretamente che i decisori politici hanno autorizzato l’uso di armi nucleari e che in caso di ulteriore escalation verrà impiegato massicciamente l’arsenale atomico portando il mondo all’apocalisse nucleare.
La risposta alla minaccia esistenziale
Nel caso in cui fosse minacciata direttamente, concretamente e imminentemente, la sopravvivenza della Nazione, le forze nucleari verrebbero attivate con la sola funzione di impedire al nemico la vittoria, avendo coscienza che nessuno potrà quindi reclamare alcunché. Una scelta radicale teoricamente automatica, ma che invece si basa in gran parte sul giudizio e la capacità di analisi di un singolo uomo, circondato da un gruppo di consiglieri più o meno indipendenti e con a disposizione una catena di comando mai testata fino ad oggi.
L’importanza dei decisori politici
Nell’ultimo paragrafo del capitolo precedente abbiamo in estrema sintesi espresso il concetto di “distruzione mutua assicurata”, concetto un tempo indiscusso ma che oggi le evoluzioni tecnologiche cercano in parte di abbattere, e che associate alle nuove teorie dei giochi non cooperativi, ed alle definizioni sempre più labili del giocatore “intelligente ottimista”, (definizione per la prima volta espressa da Nash nel 1951) rischiano di comportare una sottostima della volontà del nemico di ricorrere all’uso delle armi atomiche in un gioco a somma zero. Nel mondo contemporaneo sarebbe quindi ragionevole rendere più ampio il concetto di giocatore “intelligente ottimista” in quanto nel secondo dopoguerra i decisori politici che possedevano armi atomiche erano tutti soggetti che nel loro vissuto avevano sperimentato la vittoria militare della propria nazione e una costante evoluzione e miglioramento degli stili di vita e della qualità stessa del vissuto personale. Oggi invece esistono giocatori, o decisori politici se preferite, che hanno vissuto la dissoluzione della propria nazione e il peggioramento (seppur transitorio) della qualità e del benessere personale. Tali giocatori possono essere sicuramente definiti intelligenti ma probabilmente non andrebbero definiti come ottimisti, compromettendo la base stessa sulla quale abbiamo gestito dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi l’equilibrio nucleare mondiale. La risposta ad una minaccia esistenziale oggi quindi dovrebbe essere valutata in maniera estremamente più flessibile e non assumendo come dogma il fatto che nessun decisore prenderà comunque mai in considerazione la possibilità di mettere in atto una apocalisse nucleare.
A queste considerazioni di tipologia estremamente tecnica dobbiamo affiancare anche un aspetto del tutto umano che riguarda i comandanti in capo delle nazioni nucleari. Durante il periodo successivo alla seconda guerra mondiale, noto a tutti come guerra fredda, i comandanti in capo delle nazioni nucleari erano stati tutti soldati sul fronte; chi ufficiale di marina, chi soldato dell’esercito, chi aviatore. Una volta arrivati al vertice della propria nazione, portarono comunque con sé il ricordo devastante della guerra, delle sofferenze che le armi infliggono a soldati e civili, senza guardare alla razza, al sesso, al credo religioso, allo stato sociale. Questa classe di decisori politici che annoverava Kennedy, Krushev, Eisenhower, De Gaulle, ecc, prima di decidere l’impiego di armi così terribili avrebbe certamente ripensato alle atrocità osservate e patite in prima persona durante il conflitto mondiale. Oggi, chi è al vertice delle nazioni, chi è al vertice delle strutture militari, chi è al comando delle organizzazioni di difesa collettiva non ha mai assistito ad una guerra senza quartiere su scala globale, e men che meno vi ha preso parte. Ecco una ragione in più, ragione estremamente umana, affinché venga mantenuto alto l’allarme sulla capacità distruttiva delle armi atomiche e sul fatto che chi oggi le controlla probabilmente dimostrerà meno remore, rispetto ai propri predecessori, nel malaugurato caso si sentisse in diritto, o nella assoluta ed irrimandabile necessità di utilizzarle.
Bibliografia
– Nonstrategic Nuclear Weapons (Congressional Research Service)
– Russia Nuclear Forces 2023 ; Hans Krinstiansen et Al. : Bulletin of Atomic Scientists
– Defense Primer: Strategic Nuclear Forces (CRS)
– Non Cooperatives Games; John Nash : The Annal of Mathematics vol.54 1951