Distinguiamo innanzitutto due scenari. Il primo si riferisce alla detonazione di un ordigno nucleare da parte di terroristi. Il secondo nel, mai augurato, caso di uno scambio di colpi tra potenze nucleari che non lascerebbe vincitori ma solo sconfitti.
In ambedue i casi per valutare e limitare i danni di una siffatta catastrofe bisogna tenere presente tre variabili:
- La potenza dell’esplosione e la quota della detonazione
- La distanza dal “Ground zero”
- Il tempo di esposizione al fallout
Cominciamo a distinguere i due scenari.
Esplosione atomica causata da un atto terroristico.
In questo particolare scenario la popolazione civile non ha a disposizione nessun elemento per attuare linee comportamentali utili a ridurre il danno conseguente all’esplosione dell’ordigno. L’esplosione avverrebbe senza nessun preavviso probabilmente in un’area densamente popolata. L’ordigno in questione, seppur devastante, con grande possibilità sarebbe una piccola testata tattica non superiore ai 10kt. Nonostante la piccola potenza le probabilità di sopravvivere entrò 2 km dal Ground Zero sono pressoché nulle, sia per l’energia termica generata dall’ordigno sia per l’onda d’urto che colpisce nei momenti successivi. Chi si dovesse trovare ad una distanza superiore ai 4/5 km avrebbe buone probabilità di sopravvivere all’evento se si trovasse all’interno di un edificio in mattoni o meglio in cemento armato. Anche chi si trova all’esterno degli edifici potrebbe sopravvivere se avesse la prontezza di spirito di trovare rifugio non appena visto il Flash dell’esplosione posizionandosi dietro ad un edificio solido o trovando riparto in una depressione del terreno, come un fosso od un canale. Passata l’onda d’urto diventa imperativo lasciare l’area in modo rapido ed ordinato seguendo le indicazioni dei servizi di emergenza che in base alle condizioni meteo (Venti e Precipitazioni) indicheranno la migliore via di evacuazione. Chi si trovasse all’interno degli edifici, se tali strutture non fossero in pericolo di crollo o minacciate da incendi, dovrebbe rimanere all’interno degli edifici stessi in attesa degli ordini di evacuazione.
Esplosione atomica nel caso di guerra
In questo particolare scenario è possibile che nei giorni o quantomeno nelle ore precedenti l’impensabile la popolazione venga avvertita dalle autorità del rischio di un confronto armato su larga scala, sia dagli organi governativi che dagli organi di stampa. In questo lasso di tempo si possono mettere in atto alcune azioni utili a ridurre i danni. La prima ed imperativa misura da prendere sarebbe quella di allontanarsi dagli obiettivi delle armi nemiche: grandi centri urbani e installazioni sia militari che civili di interesse strategico. Questo tuttavia non è sempre attuabile e quindi la popolazione dovrebbe preparare la propria abitazione secondo alcune line guida riportate ad esempio anche sul sito della FEMA (la protezione civile americana).
Per prima cosa sarebbe opportuno attrezzare un luogo nei piani bassi dell’edificio o meglio nei sotterranei come rifugio di emergenza. In questo luogo andrebbero accumulate risorse idriche ed alimentari per venti/venticinque giorni. Parliamo di 20/25 giorni in quanto questo è il tempo necessario al fine di poter tornare all’aperto in condizioni di relativa sicurezza, essendo avvenuto il decadimento della gran parte degli isotopi radioattivi. Ciò non significa che l’ambiente non sia più contaminato ma che si può trascorrere tempo all’aperto senza correre il rischio di un avvelenamento acuto da radiazioni, fatta eccezione per quelle aree in cui Fallout non sia stato particolarmente intenso a causa delle condizioni meteo e di eventuali concentrazioni di esplosioni nucleari in un’area ristretta.
Andrebbe stoccata una quantità di acqua pari a 2,5 litri per persona per giorno, non è necessario acquistare acqua in bottiglia basta cambiare ogni tre mesi l’acqua messa come scorta. I cibi devono assere a lunga conservazione, in vasetti di vetro o in scatola, con un tipo di apertura che non richieda l’utilizzo di utensili e, per quanto possibile, la maggior parte di essi dovrebbe essere consumabile senza cottura al momento del bisogno.
Cntrariamente allo scenario dove è un singolo ordigno ad esplodere è assolutamente consigliabile restare al riparo per almeno 48/72 ore dopo la prima esplosione e non uscire per nessun motivo. Uno scambio nucleare può durare giorni. Allo stesso modo è imperativo restare al riparo dopo un’esplosione nucleare, in attesa dell’onda d’urto, anche per venti minuti. Gli ordigni di grande potenza generano onde d’urto gigantesche che impiegano dieci/venti minuti prima di giungere ad una distanza tale da essere non più pericolose.
Un piccolo compendio dell’impensabile; se volete informazioni più dettagliate il sito giusto è questo della FEMA: sperando di non mettere mai, MAI, in pratica queste procedure.
La prossima puntata sarà dedicata all’ EMP, l’impulso elettromagnetico in grado di far ritornare i nostri paesi all’età pre elettronica.