Amos Yadlin, ex capo del servizio di intelligence militare di Israele, durante una conferenza presso l’INSS ( l’istituto nazionale di studi strategici israeliani) ha rivelato che l’Iran si avvicina rapidamente a quella linea rossa tracciata dal primo ministro Benjamin Netanyahu durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite quando parlò al mondo del programma nucleare iraniano.
Dopo i falliti negoziati di Almaty, in Kazakistan, nel mese di marzo, nessuna nuova data è stata comunicata per nuovi colloqui a livello politico, altro segnale che indica l’attesa del risultato delle elezioni presidenziali iraniane, risultato che potrà influire comunque marginalmente nelle scelte della Repubblica Islamica. Sono invece programmati colloqui a livello tecnico, il 15 maggio prossimo, presso la sede della IAEA a Vienna, colloqui che hanno il sapore della cortesia diplomatica più che della concretezza operativa.
Ma la vera domanda è cosa farà Israele se l’Iran supererà la linea rossa indicata da Netanyahu. Attaccherà senza il supporto degli Stati Uniti o a quel punto anche gli Usa parteciperanno, o addirittura gestiranno in prima persona l’attacco all’Iran? Questa domanda non può trovare una risposta in un breve post di questo sito. Molteplici sono le variabili politiche diplomatiche, militari e psicologiche che entrano in gioco. Tuttavia un interessante paragone potrebbe essere la situazione in estremo oriente, in particolare la situazione in Corea del Nord. La Corea del Nord negli anni ha superato tutte le linee rosse tracciate dalle varie amministrazioni americane, e oggi minaccia direttamente i territori americanani con armi nucleari. I vicini della Corea del Nord, in particolare il Giappone, stanno valutando la possibilità di riprocessare il combustibile esausto delle centrali nucleari sul proprio territorio per ottenere plutonio, componente fondamentale delle armi atomiche ad implosione. Stessa cosa sta valutando la Corea del Sud.
La Corea del Nord, se non controllata, darà luogo nei prossimi mesi ad una proliferazione nucleare in estremo oriente, che sarà ben poca cosa se paragonata alla corsa alle armi atomiche cui assisteremo in medio oriente se l’Iran si dotasse della bomba. Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto e Turchia potrebbero in pochi mesi/anni, a seconda dei vari stati, entrare in possesso di armi nucleari e trasformare la polveriera mediorientale in un vero e proprio incubo geopolitico. Per questi semplici motivi gli Stati Uniti non potranno restare passivi se l’Iran avanzerà verso l’atomica, anche nel caso in cui gli iraniani non possedessero i mezzi per raggiungere e minacciare direttamente gli Usa. Se invece gli Stati Uniti rimanessero passivi il Presidente Obama verrebbe ricordato come il responsabile della peggiore proliferazione nucleare dalla seconda guerra mondiale ad oggi.
Così il mese di giugno potrebbe segnare il confine tra la diplomazia e le armi, tra la trattativa e la forza, tra la pace e la guerra in medio oriente.