Un fallimento annunciato, una perdita di tempo, uno spreco di denaro, la possibile (e definitiva) fine del ruolo privilegiato dell’Italia in Libia: ecco cosa rappresenta il nuovo accordo sull’immigrazione illegale che origina dalla Libia Occidentale.
Un accordo che prevede fondi Europei per 200 milioni, la fornitura (il regalo sarebbe meglio dire) di altri dieci pattugliatori alla Marina Libica (unico vero sponsor del “governo” Serraj), e il divieto di ingresso in acque libiche delle navi della missione marittima europea nel Mediterraneo.
Ecco leggendo queste poche righe non riusciamo a capire se chi ha pensato (non chi ha firmato) questo accordo sia in malafede o se abbia ricevuto i briefing della situazione sul campo (a Tripoli e non solo) da Topolino in persona.
Il governo Serraj non riesce a controllare nemmeno la totalità della capitale, il responsabile di due tentativi di colpo di stato è ancora a piede libero e comanda senza antagonisti le sua milizia che opera anche all’interno della capitale libica.
Molti leader delle tribù locali fanno affari, per non dire che si sostengono, solo con il traffico di armi e di esseri umani.
Che senso ha quindi questo piano che affida a Al Serraj l’onere e l’onore di fermare in mare gli immigrati che tentato il viaggio verso l’Italia?
In mare già ora le forze libiche di Serraj potrebbero arginare le partenza verso l’Italia, ma non lo fanno più per una scelta politica che per mancanza di mezzi navali. Dobbiamo inoltre ricordare che agire sui barconi già carichi e in viaggio sul mare è cosa pericolosissima, in quel contesto il rischio di affondamenti involontari e stragi di immigrati è altissimo.
Le partenze non si fermano in mare, le partenze si fermano sulla costa, si fermano distruggendo le fabbriche che assemblano i gommoni, si fermano colpendo le tribù che fanno parte di questa organizzazione di nuovi schiavisti.
Ma alle tribù libiche che oggi vivono della gestione dell’immigrazione in Europa è necessario fornire un sostentamento alternativo alle attività illegali, serve fornire alla popolazione libica un sistema sanitario, istruzione, energia, acqua potabile e la speranza di una vita migliore. Per questo serve un governo autorevole, in grado di gestire i beni energetici della Libia, ricavarne un profitto, e con questi profitti dare pane, speranza, lavoro e salute alla popolazione delle Libia; e servono i fondi dell’Occidente per sostenere la popolazione nella transizione, servono ospedali funzionanti gestiti dalla comunità internazionale, centinaia di tecnici e una forza militare sul campo a supporto del governo unitario.
L’unico piano che può funzionare per fermare le parte dalla Libia è quello che abbiamo indicato molti, molti mesi fa (Qui trovate il Link). L’unico piano che può funzionare deve associarsi alla fine del politicamente corretto e al sostegno unanime, di tutta la comunità occidentale, ad un governo, ad un insieme di uomini, o anche ad un uomo solo che possa unificare la Libia.
Non stiamo dicendo che alla Libia sia funzionale un assetto democratico, proprio così, diciamo che serve un uomo forte che metta fine al caos, ad una situazione senza legge e senza ordine, ben peggiore di quella cui la Libia era abituata sotto la dittatura di Gheddafi.