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Abbiamo perso la Libia: ora è l’obiettivo strategico di Vladimir Putin

Libia

Abbiamo perso la Libia. Non certo nel senso che la quarta sponda sia stata negli ultimi anni una nostra pertinenza, ma abbiamo perso l’occasione di essere protagonisti decisivi nello sviluppo di uno stato moderno e parademocratico. Abbiamo perso l’occasione di indirizzare le scelte del popolo, aiutandolo ad uscire da una crisi sociale che è il serbatoio primo di chi cerca in Libia non la stabilità, ma il caos e per chi pensa che la Libia possa essere una base strategica per la Guerra Fredda 3.0.
La nostra dèbâcle non è di questi mesi, e non è nemmeno da mettere in riferimento al fallimento fattuale della conferenza di Palermo. La sconfitta italiana affonda le sue radici in un momento nel quale le grandi potenze erano impegnate a gestire i massimi sistemi della situazione mediorientale (Siria in testa), e l’Italia invece di investire risorse, mezzi, uomini e diplomazia (armata) in Libia ha preferito unicamente occuparsi dell’immigrazione incontrollata che era il vero flusso di cassa per varie discutibili compagini in Patria e nella “quarta sponda”.
Ora la Libia è terra di conflitto, terra di battaglia tra i nuovi blocchi che sorgono dalle reminiscenze della Guerra Fredda e proprio la terra di Libia potrebbe essere una importantissima area strategica in grado di determinare i rapporti di forza in tutto il Mediterraneo, molto più della costa siriana e molto più delle stessa Sebastopoli.
Immaginate la valenza di avere accesso ad un’area di territorio che dista circa 700-800 chilometri da una delle installazioni MUOS, immaginate di poter installare le vostre armi più letali a circa 1000 chilometri dal comando della sesta flotta americana, immaginate di poter evitare “danni collaterali” nella madrepatria, nel caso in cui il vostro nemico esegua una rappresaglia contro le armi che lo hanno colpito. Ecco se avete immaginato tutto ciò avete visto la Libia, ma non la Libia di Serraj, o la Libia di Haftar: avete immaginato la Libia di Putin, una Libia dove non esiste il potere delle Nazioni Unite, l’influenza italiana o quella francese.
Avete immaginato una Libia che nei prossimi mesi collasserà sotto la spinta degli uomini di Yevgeny Prigozhin, e a causa del tradimento di un uomo del quale oggi ancora non conosciamo il nome, ma che potrebbe far cadere in breve tempo il fragile governo di Al Serraj, uomo senza veri appoggi internazionali, se non quello italiano. Ed è proprio Roma che però in maniera alquanto miope vede la Libia principalmente per la questione della migrazione di massa e non coglie il concreto rischio riguardante il passaggio di Tripoli sotto la sfera di influenza russa.
Se ciò dovesse accadere, per assurdo, chi oggi controlla la Cirenaica potrebbe arrivare ad avere il controllo di tutto il paese, inclusa la capitale, ma “cedere” la supervisione di Tobruk e della stessa Bengasi ai componenti del governo Haftar oggi più prossimi alle posizioni dell’Egitto, interessato a tenere i fratelli mussulmani a distanza di sicurezza da Alessandria d’Egitto.
In questo scenario il sud sarebbe affidato a tribù transfrontaliere che occupano sia la Libia che il Mali, appoggiate da Parigi.
La Tripolitania potrebbe quindi diventare la nuova Cuba del Mediterraneo dove i missili a raggio intermedio della Federazione Russa possono mettere sotto scacco tutta l’Europa Meridionale, eliminare il MUOS e Sigonella in 3 minuti, spazzare via la nave comando delle 6° flotta americana ormeggiata a Napoli in 6 minuti e lanciare i missili antinave ipersonici contro ogni obiettivo ostile presente nel Mediterraneo Orientale.
Ecco perché la Libia è importante per la Russia, ecco perché Putin ha dato ordine al suo uomo che si occupa delle guerre ibride, Yevgeny Prigozhin, di presenziare alle riunioni che riguardano la Libia, ecco perché Haftar ha perso ogni interesse nel dialogo e nella trattativa per cercare un accordo con Serraj e per l’Italia.
Terminata l’azione in Siria ora la Russia guarda già molto più avanti, guarda al collasso del trattato INF, e alla possibilità di costringere gli Stati Uniti a piazzare un altro elemento del sistema antimissile nel Sud Europa dove non si credeva potesse giungere una minaccia missilistica avanzata.
Chi oggi non vede le potenzialità strategiche della Libia e parla all’America di Trump riguardo Tripoli solo per immigrati e energia ha dimenticato l’argomento più convincente, l’unico di vero interesse per gli Stati Uniti: una Cuba mediterranea sulla “quarta sponda” italiana, una Cuba sacrificabile da Mosca e per questo una minaccia che sarà reale, concreta e presente se Haftar con l’appoggio di Vladimir Putin sarà tra 18 mesi il nuovo padrone di Tripoli.