Cade Homs, Aleppo ultima roccaforte dei ribelli
Come avevamo anticipato nella nostra breaking news di due giorni fa la città di Homs, nell’ovest della Siria, è stata conquistata dall’esercito siriano fedele ad Al Assad con il determinante supporto dei miliziani libanesi di Hezbollah che hanno impiegato forze ingenti, si stima circa 5000 uomini ben addestrati, armati in maniera completa con armi individuali di squadra con il supporto di almeno un battaglione di artiglieria.
E proprio l’artiglieria ha giocato un ruolo determinante nell’attacco ad Homs, per settimane razzi, colpi di mortaio pesante e di obice hanno martellato la città, incuranti delle vittime civili e della distruzione, non solo dell’edilizia residenziale ma anche del patrimonio storico e culturale della città; ma questa è una guerra, una carneficina senza regole e senza esclusione di colpi. Una guerra dove sono state compiute in passato e dove vengono ancora compiute oggi esecuzioni sommarie, sia di civili che di militari, dove la lotta per il potere e per la sopravvivenza si intrecciano, una guerra che ha visto l’utilizzo di armi chimiche, probabilmente da ambo le parti, ed atrocità che vanno oltre l’umana immaginazione.
Ma se è pur vero che l’artiglieria è stata determinante nel fiaccare la resistenza dei ribelli, è anche vero che la città è stata fisicamente conquistata dalla fanteria meccanizzata e dai reparti corazzati di Al Assad, con il supporto degli elicotteri d’attacco. E questo è stato possibile perché l’occidente, ed in particolare gli Stati Uniti non hanno fornito i ribelli di armi anticarro ed antiaeree moderne, armi che avrebbero inflitto gravi danni alle forze lealiste, forze sì efficienti ma al limite estremo in termini di disponibilità di carri armati, veicoli corazzati e forze aeree.
Le armi americane avrebbero fatto la differenza, ma ancora una volta l’amministrazione Obama ha deciso di non scegliere, di non far seguire alle parole e alle minacce i fatti concreti, e di inimicarsi ancora una volta entrambe le fazioni in lotta.
Ora l’ultima roccaforte dei ribelli è Aleppo, la più grande città della Siria, il centro economico principale prima della guerra, ora è una città dove regna il caos, dove si teme per l’arrivo della guerra, quella combattuta con tutti i mezzi, casa per casa. Per ora Aleppo subisce attacchi missilistici sporadici con gli Scud di Al Assad, attacchi che non servono a intaccare la forza militare dei ribelli ma a fiaccare il morale dei combattenti e dei civili. In questi giorni il missile Scud, la vecchia V2 della seconda guerra mondiale, è tornata al suo vecchio terribile compito, seminare il panico inaspettatamente e non lasciare tregua a nessuno in nessun luogo che sia a livello del terreno. Questo ogggi accade ad Aleppo.
In questi giorni, che segnano sconfitte cocenti per i ribelli, aumenta tra le fila dell’FSA la diffidenza, se non l’odio per gli Stati Uniti. Ancora una volta, come in Egitto, l’immobilismo americano ha portato l’America nella situazione di essere un nemico per il presidente Al Assad, ed uno stato sul quale cercare vendetta da parte dei ribelli.
L’ennesimo disastro Usa.
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Penso che tutti noi, non abbiamo dimenticato le grandi discussioni che si fecero sull’operato del vecchio presidente Bush. Una guerra mediatica tra due parti, chi affermava che le decisioni che prendeva sotto consiglio militare, erano solo legate al petrolio e per le risorse in generale e chi invece sosteneva che soprattutto erano per scopi di sicurezza globale e umanitari. Io pensavo tutti e due. Dopo la Libia, purtroppo faccio certi facili ragionamenti non piacevoli. Comunque sia, speriamo di non subire le conseguenze di questi errori di debolezza, che la Siria distrutta, sta pagando a caro prezzo. Non dimenticherò mai come il presidente Obama ha voltato le spalle al popolo siriano. Mi dispiace, non regge la scusa della base navale russa di Tartus.